Chi è responsabile per i danni causati dagli animali?

È sempre responsabile il custode dell’animale, salvo quanto diremo.
Risponde al quesito “chi è responsabile per i danni causati dagli animali” l’art. 2052 c.c. che, in modo chiaro, afferma: “il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall’animale, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito”.
La disposizione in esame prevede una responsabilità oggettiva in capo al proprietario, fondata sulla mera relazione intercorrente tra quest’ultimo e l’animale, indipendentemente da qualsivoglia valutazione circa la malafede o la colpa.
È così configurata una posizione di garanzia, in base alla quale ogni padrone è tenuto a controllare e custodire il proprio animale, adottando tutte le cautele necessarie ad impedire aggressioni a cose o a terzi, anche all’interno della propria abitazione.
In linea con il suindicato principio, si ritiene infatti che la sola apposizione del cartello recante la scritta “attenti al cane” costituisca un mero avviso della presenza dell’animale e che, pertanto, non possa esonerare il proprietario dall’obbligo di custodia: il cane deve essere opportunamente legato ad una catena, oppure collocato in una zona del giardino che non gli consenta la fuga o che non permetta ad estranei di avvicinarsi (Cass n. 17133/2017).
Allo stesso modo, anche chi fa uso dell’animale nell’interesse proprio o altrui (per esempio, custodendo l’animale durante le vacanze o portandolo al parco per una passeggiata) deve risarcire tutti i danni causalmente collegati a suddetto uso.
Diversamente, per non incorrere in responsabilità e al conseguente obbligo di risarcimento del danno, il proprietario o chi si serve dell’animale deve fornire la – difficile – prova del caso fortuito.
Per maggior chiarezza espositiva, si segnala che la giurisprudenza definisce il caso fortuito come quel fattore esterno alla sfera di controllo del proprietario, idoneo ad interrompere il nesso di causalità tra il comportamento dell’animale e l’evento lesivo. É ciò che consente dunque di ricondurre ad un altro e differente evento – imprevedibile e non evitabile – il danno verificatosi.
L’esempio classico del caso fortuito riportato nei testi di scuola è quello dell’ape che punge l’animale che, per reazione, compie movimenti tali da cagionare danno a terzi. In tal caso non si può imputare al padrone il mancato controllo dell’ape.
Diversamente, il padrone di un cane non può giustificarsi adducendo il malfunzionamento del cancello elettrico di casa (Cass. n. 49690/2014) o l’avvenuta rottura del guinzaglio (Cass. n. 15713/2015). Sono, infatti, beni (il cancello ed il guinzaglio) la cui integrità ricade nella sfera di controllo del proprietario.
Allo stesso modo, non può parlarsi di caso fortuito quando il danno è da ricondurre ad una condotta dell’animale dettata da un improvviso istinto, poiché si ritiene che anche gli animali mansueti conservino un prevedibile fondo di selvatichezza.
Il proprietario dell’animale o chi se ne serve è tenuto pertanto a risarcire tutti i danni arrecati dall’animale a cose, persone o ad altri animali, qualora non riesca a fornire la prova del caso fortuito.
Per completezza espositiva si segnala infine che, per quanto riguarda i randagi, ogni Comune è tenuto a porre in essere tutti i provvedimenti necessari ad evitare che gli animali selvatici rechino disturbo alle persone nelle vie cittadine. L’indebita presenza di un cane randagio lungo una strada comunale fa quindi sorgere in capo al Comune l’obbligo di risarcire tutti i danni derivanti dalla condotta dell’animale.