Le persone non di legge spesso confondono gli obblighi economici che sorgono a seguito di una sentenza di divorzio, con quelli relativi al mantenimento del figlio minore o maggiorenne non economicamente autosufficiente.

L’obbligo di mantenimento della prole viene ad esistenza con la nascita dei figli, senza che abbia rilevanza un precedente rapporto di matrimonio. Ne consegue che, in mancanza di convivenza tra i genitori, nasce ex se l’obbligo di versare una somma all’altro genitore per il mantenimento del figlio. Ciò, indipendentemente dal fatto che il figlio sia nato all’interno del matrimonio e, quindi, da un’eventuale sentenza di divorzio che ne regola il mantenimento da parte dei genitori, secondo le proprie capacità economiche.

Una cosa è, infatti, l’assegno divorzile, dovuto per consentire all’altro coniuge di mantere uno stile di vita (potenzialmente) uguale a quello a cui il coniuge – più debole – si sarebbe legittimamente potuto aspettare in costanza di matrimonio; altra è l’assegno di mantenimento del minore nato fuori dal matrimonio. Quest’ultimo, infatti, è sempre dovuto, in virtù dell’obbligo – anche morale – del genitore di assicurare alla prole gli strumenti necessari alla sua crescita ed educazione, ai sensi degli artt.147 e 148 cod. civ. (alimenti, cura e istruzione su tutti).

Il genitore che non provvede al mantenimento del proprio figlio, può essere sempre chiamato al pagamento in favore dell’altro genitore della propria parte non versata. Laddove il genitore si sia, poi, totalmente disinteressato del rapporto con il figlio, esso può essere condannato anche a risarcire a quest’ultimo i danni morali dal proprio disinteresse.

Con la sentenza n. 6199/2015, il Tribunale di Milano ha condannato un padre al pagameto in favore dell’ex convivente e madre di uno dei suoi figli al pagamento di € 130.000,00, quale rimborso, pro quota parte, di tutte le spese da lei sostenute, da sola, per il matenimento del figlio per ben 22 anni. Il Tribunale richiama le norme 148, 261 e 1299 cod. civ.

Con la stessa sentenza, il giudice milanese ha poi condannato il padre a risarcire al figlio, ormai maggiorenne, la somma di € 25.000,00 a titolo di danno non patrimoniale (ex art. 2059 cod. civ.), conseguente al comportamento di disinteresse posto in essere dal genitore.

Nel caso di specie il giudice ha motivato questa decisione ponendo alla base della sua motivazione sia il comportamento altalenante del padre (presente solo per qualche anno, poi sparito) e nelle promesse non mantenute di riconocimento del figlio. Sicure cause delle difficoltà caratteriali del discendente. Secondo il Tribunale milanese il padre “non si è mai concretamente e fattivamente occupato del figlio(..) sia per quanto riguardava il suo mantenimento, sia privandolo del fondamentale riferimento affettivo e psicologico che normalmente rappresenta la figura paterna per ciascun figlio. Il comportamento tenuto dal connvenuto verso il figlio(..) integra pienamente un fatto illecito produttivo di danni non patrimoniali risarcibili“, ai sensi dell’art. 2059 cod. civ.

DNLEX – De Nisi Lawyers Network: CONVIVENZA E OBBLIGHI DI MANTENIMENTO DEI FIGLI

Avv. Massimiliano De Nisi