Con la sentenza di ieri, 9 febbraio 2015, la Corte di Cassazione ha confermato le pronunce con cui le Corti inferiori avevano negato il diritto alla trascrizione del matrimonio omosessuale nei registri di Stato Civile.

 

I ricorrenti lo pretendevano sia sulla base dei diritti inviolabili dell’uomo contenuti nella CEDU, sia in base a recenti pronunce della Corte di Giustizia Eropea (il 14 luglio 2014, infatti, la Corte Europea si era espressa per la possibilità di registrazione del matrimonio omosessuale negli Stati Membri).

Tuttavia, è stato osservato che la Corte di Giustizia Europea se ha, da un lato, dichiarato possibile la trascrizione, dall’altro ha evidenziato che non è imposto l’obbligo agli Stati. Mentre la CEDU va letta nel senso di garantire i dititti inviolabili dell’uomo e del contrasto con essa di norme degli ordinamenti che non li garantisco o non li garantiscono uguali a ciascun individuo.

 

Conclude quindi la Cassazione che in Italia non vi è l’obbligo  (né la possibilità) di trascrizione del matrimonio omosessuale, non previsto dall’ordinamento e non disciplinato dalle norme sul registro di stato civile. Ma che tale lacuna non incide sui diritti inviolabili dell’uomo, e in particolare del singolo individuo, al punto tale da dovere essere considerata in contrasto con i principi internazionali.

Tuttavia, prosegue la Corte, non basta il mancato contrasto, è necessario che sia garantito il diritto per le coppie omosessuali a vivere una vita affettiva protetta dall’ordinamento. E in questo senso auspica un intervento del parlamento, lasciando intendere, però, che detta garanzia non necessariamente deve essere disciplinata attraverso l’istituto del matrimonio, ben potendo essere altrimenti tutelata.

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