ABITABILITA’: L’ASSENZA DEL CERTIFICATO CONSENTE DI RISOLVERE IL PRELIMINARE

Con la sentenza n. 622 depositata il 14 gennaio 2019 la Corte di Cassazione conferma la sentenza di Appello con cui era stato ribaltato il giudizio di primo grado che aveva ritenuto non inadempiente il promittente venditore che aveva mancato di produrre entro il rogito il certificato di abitabilità.

Il Tribunale aveva ritenuto non sussistente un’ipotesi d’inadempimento poiché nel contratto preliminare non era stabilito alcun obbligo di consegna dei documenti relativi all’abitabilità entro il definitivo.

La Corte d’Appello aveva invece rilevato che la parte venditrice aveva comunque garantito la ‘regolarità urbanistica dell’immobile’ e questa non poteva prescindere dall’esistenza e, quindi, dalla consegna del certificato di abitabilità.

La corte di Cassazione ha confermato la correttezza del passaggio logico della Corte d’Appello, aggiungendo che l’essenzialità del certificato è giustificata anche qualora si tratta di immobili costruiti dopo l’entrata in vigore della Legge 47 del 1985.  La Corte, fra l’altro, precisa che la mancanza del certificato può giustificare la mancanza di volontà di concludere il definitivo anche qualora esso non sia reperibile per inerzia del Comune (la quale, a parere di chi scrive, incide però sulla mancanza di colpa del proprietario per l’impossibilità di reperirlo). A sostegno delle sue tesi la Corte richiama giurisprudenza conforme della stessa Cassazione (nn. 10820/2009; 15969/2000; 4513/2001).

La sentenza appare a prima vista in contrasto con la pronuncia 12226/2018 della stesa Corte, la quale aveva sancito che: “in tema di compravendita immobiliare, la mancata consegna al compratore del certificato di abitabilità non determina, in via automatica, la risoluzione del contratto preliminare per inadempimento del venditore, dovendo essere verificata in concreto l’importanza e la gravità dell’omissione in relazione al godimento ed alla commerciabilità del bene, sicché, ove in corso di causa si accerti che l’immobile promesso in vendita presentava tutte le caratteristiche necessarie per l’uso suo proprio e che le difformità edilizie rispetto al progetto originario erano state sanate a seguito della presentazione della domanda di concessione in sanatoria, del pagamento di quanto dovuto e del formarsi del silenzio-assenso sulla relativa domanda, la risoluzione non può essere pronunciata“. Si veda il commento su https://www.linkedin.com/pulse/senza-il-certificato-di-abitabilita-la-vendita-e-massimiliano-de-nisi/

Tuttavia, si tratta di fattispecie diverse sotto due aspetti: anzitutto quest’ultima pronuncia verteva su un contratto di compravendita già concluso ed è noto che la legislazione civile tende alla conservazione degli effetti giuridici del contratto piuttosto che decretarne (facilmente) l‘inefficacia; ed in ogni caso, in corso di causa, era stata accertato attraverso apposita perizia tecnica che l’immobile compravenduto aveva i requisiti di abitabilità.

Avv. Massimiliano DE NISI – Avvocato delle Agenzie Immobiliari