MEDIAZIONE OBBLIGATORIA E OPPOSIZIONE A DECRETO INGIUNTIVO: per Cassazione n. n. 24629 del 3 dicembre 2015 è onere di chi propone l’opposizione al decreto ingiuntivo iniziare la mediazione. Di diverso avviso Tr. Firenze, ordinanza 17 gennaio 2016. Le pronunce sono scaricabili alla fine dell’articolo.

Da quando sono entrate in vigore le norme sulla mediazione obbligatoria, l’individuazione della parte sulla quale cade l’onere di iniziare la mediazione in caso di opposizione a decreto ingiuntivo è stata oggetto di grande dibattiti e di diversi orientamenti giurisprudenziali. E’ dell’altro giorno (17 gennaio 2106) una sentenza del Tribunale di Firenze in aperto contrasto con la sentenza della Cassazione 3 dicembre 2015, in commento di questo articolo.

E’ doveroso, anzitutto, ricordare che la mediazione è obbligatoria in materia di condominio; diritti reali; divisione; successioni ereditarie; patti di famiglia; locazione; comodato; affitto di aziende; risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità; contratti assicurativi, bancari e finanziari. Chi inizia un giudizio avente ad oggetto questi rapporti è obbligato a tentare la mediazione, dando via al relativo procedimento delineato dal D.Lgs 28/2010. Pena l’improcedibilità della domanda.

D’altro lato, tuttavia, la mediazione non è obbligatoria nemmeno nelle citate materie se chi inizia l’azione si avvale della procedura di cui agli art. 633 e ss. c.p.c. (ricorso per decreto ingiuntivo). Con questo tipo di ricorso, infatti, si instaura una procedura breve, senza contraddittorio, che termina con l’emissione di un decreto ingiuntivo (inaudita altera parte). Il decreto viene quindi notificato all’altra parte, che ha 40 giorni di tempo – per pagare o – per proporre opposizione, evitando che il decreto diventi definitivo. Con l’opposizione a decreto ingiuntivo (da iniziarsi con atto di citazione) si instaura un procedimento ordinario. Vale a dire quel tipo procedimento che – nelle intenzioni del legislatore – doveva essere preceduto dalla mediazione obbligatoria a pena di improcedibilità.

E’ pacifico sia in dottrina sia in giurisprudenza che l’ ‘attore sostanziale’ nel processo di opposizione a decreto ingiuntivo è il convenuto opposto, vale a dire colui che ha richiesto il decreto ingiuntivo (ex multis Cass. 85639/11). Su di lui grava l’onere di provare i fatti e le ragioni posti a fondamento della sua domanda. Perché di fatto è costui ad avere attivato il processo, depositando il ricorso per decreto ingiuntivo. Di contro, l’attore del processo di opposizione è in realtà il ‘convenuto sostanziale’ nel processo di opposizione, almeno per quanto riguarda i fatti da provare e i diritti da contrapporre a colui che ha azionato il proprio diritto per primo.

Da tutto quanto sopra, si comprende il dubbio applicativo che ha vissuto il d.lgs. 28/2010: a chi spetta iniziare la mediazione obbligatoria? All’attore (non sostanziale) del processo di opposizione che ha inteso incardinare il procedimento ordinario? O dall’originario ricorrente, essendo lui l’attore ‘sostanziale’ che ha iniziato l’azione giuridica per fare valere un proprio diritto nelle materie obbligatorie?

Chi scrive si è, da subito, schierato con la corrente che individua nel primo ricorrente la parte onerata di iniziare la mediazione una volta cominciata l’opposizione, correttamente interrotta dal Giudice per rinviare le parti in mediazione. Pur consapevole che questa interpretazione porta con se  un problema applicativo: se il ricorrente originario non attiva la procedura di mediazione, l’opposizione viene dichiarata improcedibile, a cui dovrebbe necessariamente conseguire la definitività del decreto ingiuntivo (a quel punto non più opposto). Dello stesso avviso sono stati molti tribunali che, forzando il dato normativo del codice di procedura in virtù di una – implicita – preminenza del d.lgs. 28/2010, sono giunti a ritenere che la dichiarazione di improcedibilità debba esplicare i suoi effetti nei confronti dell’originaria domanda giudiziale (vale a dire quella del ricorso per decreto ingiuntivo), ritenendo pertanto he questo non possa diventare definitivo e cessi di produrre effetti (Tr. Firenze 473/2015; conforme Tr. Firenze, ordinanza 17 gennaio 2016).

Altri Tribunali non hanno avuto, invece, dubbi nell’addossare all’opponente questo onere. Se questi desidera continuare il processo di opposizione e non fare divenire definitivo il decreto opposto in conseguenza della pronuncia di improcedibilità dell’opposizione, deve lui attivarsi per l’inizio della procedura della mediazione nelle materie obbligatorie (Tr. Nola, 24 febbraio 2015; Tr. di Monza, 31 marzo 2015; e lo stesso Foro di Firenze 3325/14).

Di quest’ultimo avviso è stata la Cassazione, che con sentenza n. 24629 del 3 dicembre 2015, ha statuito che “attraverso il decreto ingiuntivo l’attore ha scelto la linea deflattiva coerente con la logica dell’efficienza processuale e della ragionevole durata del processo. E’ l’opponente che ha il potere e l’interesse a introdurre il giudizio di merito, cioè la soluzione più dispendiosa, osteggiata dal legislatore con il decreto legislativo n. 28 del 2010. Deriva da quanto precede, pertanto, che è sull’opponente che deve gravare l’onere della mediazione obbligatoria – prevista quale condizione di procedibilità del giudizio dall’art. 5 del decreto legislativo n. 28 del 2010 – perché è l’opponente che intende precludere la via breve, percorre la via più lunga. La diversa soluzione (porre il relativo onere a carico del creditore) sarebbe palesemente irrazionale, perché premierebbe la passività dell’opponente e accrescerebbe gli oneri della parte creditrice. (..)Del resto [conclude la Corte] non si vede a quale logica di effecienza risponda un’interpretazione che accolli al creditore del decreto ingiuntivo l’onere di effettuare il tentativo di mediazione, quando ancora non si sa se ci sarà opposizione allo stesso” (Cass 24629_2015 dnlex).

Poche settimane dopo il Tribunale di Firenze, con la già citata ordinanza del 17 gennaio 2016, disattende la pronuncia della Cassazione con argomentazioni contrarie, dopo avere esplicitamente criticato gli assunti del Supremo giudice . Secondo il Tribunale di Firenze, infatti, “il ricorrente non sceglie una linea deflattiva, ma persegue l’interesse a munirsi, quanto prima, di un titolo esecutivo; specularmente, il debitore, facendo opposizione, non intende precludere la via breve per percorrere la via lunga; egli, semmai, esercita nei tempi e nelle forme propri del procedimento d’ingiunzione, il diritto inviolabile alla difesa in giudizio, costituzionalmente garantito (art. 24 Cost.)” (TribFirenze_contraCassDNLEX).

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