L’articolo 201 del Codice della strada (CDS), dispone che“Qualora la violazione non possa essere immediatamente contestata, il verbale, con gli estremi precisi e dettagliati della violazione e con la indicazione dei motivi che hanno reso impossibile la contestazione immediata, deve, entro novanta giorni dall’accertamento, essere notificato all’effettivo trasgressore o, quando questi non sia stato identificato e si tratti di violazione commessa dal conducente di un veicolo a motore, munito di targa, ad uno dei soggetti indicati nell’art. 196, quale risulta dai pubblici registri alla data dell’accertamento“.
Tale termine è, per esempio, associato alle infrazioni le cui rilevazioni vengono compiute dalle videocamere o altri sistemi di rilevamento automatici.
La lettera della norma parla di “accertamento” della violazione e non di “commissione” dell’infrazione, per il calcolo del termine di 90 giorni per la notifica.
Sulla base di questa interpretazione, molti Comuni, tra cui quello di Milano, hanno assunto come prassi quella di indicare a verbale, sia il giorno della commissione dell’infrazione (ad es. 19 febbraio 2015), sia il successivo giorno dell’accertamento da parte dell’Agente della polizia locale che ha visionato le foto e associato alla targa il nome del proprietario (es. 21 marzo 2015). Con il conseguente slittamento in avanti del termine utile per la notifica (nel ns. caso 30 giorni). Nell’esempio appena svolto i termini della notifica invece che di 90 giorni (e, quindi, con scadenza 20 maggio), sarebbero di 120 giorni a fare data dalla commissione dell’infrazione.
E’ evidente come tale prassi non consenta di avere certezza del diritto e sia da respingere. Il termine per la notifica rimarrebbe, invero, imprecisabile, in quanto dipendente dal tempo impiegato dagli ufficiali per l’accertamento dell’infrazione rilevata dai sistemi elettronici.
Sebbene qualche giurisprudenza minoritaria abbia aderito alla lettura dell’art. 201 CDS offerta dai Comuni, il sottoscritto ribadisce l’illegittimità di tale condotta, se non addirittura l’anticostituzionalità della stessa in violazione del diritto di difesa sancito dall’art. 24 della Costituzione.
Ed invero, sul punto si è espressa in tale senso la Corte Costituzionale con la sentenza n. 198/1996, facendo salvi per i Comuni i casi di oggettiva difficoltà a reperire i dati del conducente e/o proprietario a causa di assenza dei dati negli appositi registri.
Sempre nel senso di censura di tali comportamenti da parte dei Comuni (anche qui salvi i casi di oggettiva difficoltà e non per ritardi nell’accertamento imputabili all’organizzazione interna degli accertatori) si sono espressi con atti ufficiali, nel recentissimo passato, sia il Ministero degli Interni, sia il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
A parere dell’Avvocato DE NISI, pertanto, sulla scorta della pronuncia della Corte Costituzionale, prima, e dei Ministeri degli Interi e delle Infrastrutture e dei Trasporti, poi, il soggetto sanzionato che riceve il verbale di contestazione oltre i 90 giorni dalla commissione dell’infrazione ha diritto di fare ricorso per chiedere l’annullamento del verbale. E ciò anche quando lo stesso verbale indichi una data di “accertamento” postumo che, ad occhio inesperto, renderebbe tempestiva la notifica.
DE NISI LAWYERS NETWORK – MULTE DEL COMUNE DI MILANO NOTIFICATE OLTRE IL TERMINE DI 90 GIORNI