Il Tribunale di Milano, con le Tabelle 2018 per il calcolo dei danni non patrimoniali, ha per la prima volta indicato criteri per la liquidazione del

‘danno terminale’ e di ‘quelli da premorienza’, da ‘diffamazione a mezzo’ stampa e da ‘abuso del processo’. Ad eccezione del primo, si tratta di tipologie di danno non patrimoniale (art. 2059 c.c.) riconosciuti e definiti dalla giurisprudenza della Cassazione ormai da tempo ma che non erano stati ancora parametrizzati per il loro calcolo.
Il ‘danno terminale’, come emerge dalle tabelle (Scarica Tabella Danni 2018), è quello patito da chi muore solo a distanza di tempo dalle lesioni che riporta; esso è stato definito dalle sezioni unite della Cassazione con la sentenza 15350/2015. Comprende le poste di danno liquidabili iure proprio alla vittima quando sono le stesse lesioni a causarne la morte, ma solo dopo «un apprezzabile lasso di tempo».
I princìpi di liquidazione proposti sono:
– unitarietà e sussidiarietà (cioè gli importi comprendono «ogni aspetto biologico e sofferenziale connesso alla percezione della morte imminente» e assorbono anche il danno biologico temporaneo ordinario);
– durata limitata (ora convenzionalmente individuata in 100 giorni, trascorsi i quali si liquiderà invece solo il danno biologico temporaneo ordinario);
– coscienza (comprovata percezione della fine imminente);
– intensità decrescente (si ritiene che la sofferenza sia maggiore subito dopo la lesione);
– personalizzazione sul caso concreto (a partire dal quarto giorno e comunque non superiore al 50%);
– attribuzione di valori convenzionali che tengano conto sia dei parametri in uso in giurisprudenza sia dell’esigenza di contenere il danno senza confonderlo con quello da morte immediata.
Il ‘danno da premorienza’ è quello patito in caso di decesso per causa diversa dalla lesione ed è riferito all’intervallo di tempo tra questi due eventi. Il parametro adottato è il rapporto tra il risarcimento annuo (mediamente corrisposto secondo le tabelle ordinarie) e l’aspettativa di vita media.
Il ‘danno da diffamazione’ a mezzo stampa è stato classificato in cinque tipologie secondo la sua gravità (tenue, modesta, media, elevata ed eccezionale), che deve essere determinata tenendo conto della notorietà del diffamante, carica pubblica del diffamato, reiterazione, mezzo e collocazione dell’articolo, intensità dell’elemento psicologico, risonanza mediatica, conseguenze sul diffamato, sua riconoscibilità, lasso temporale tra fatto e ricorso, esistenza di una rettifica e pubblicazione della sentenza.
Nel ‘danno da abuso del processo’ (mala fede o colpa grave della controparte in una causa civile) è stabilito che prevale il parametro dei compensi liquidati all’avvocato al netto delle spese, riducibile o aumentabile della metà secondo le circostanze dell’abuso.

DNLEX.COM – TABELLA DANNI NON PATRIMONIALI 2018 (Biologico, Diffamazione, 96 c.p.c.) – Avv. Massimiliano DE NISI