Il contenuto dell’ordinanza della Cassazione del 22 febbraio 2016, n. 3386 apre ad una semplificazione dell’attività degli avvocati.
Secondo l’interpretazione che si può dare alla citata ordinanza, infatti, non è più necessario ottenere in cancelleria la copia autentica – da depositare nel fascicolo del nuovo grado – della sentenza da impugnare, se detta sentenza viene trasmessa al difensore, dalla cancelleria a mezzo PEC.
Nel caso di specie, un avvocato, nel proporre regolamento di competenza avverso una sentenza del Tribunale di Ragusa che aveva dichiarato la propria incompetenza – aveva depositato la copia a lui inviata dalla cancelleria a mezzo PEC, ai sensi dell’art. 16, comma 4, D.Lgs. 179/2012, convertito con modificazioni nella legge 221/2012.
La Cassazione ne ha riconosciuto l’autenticità e, quindi, la corretta instaurazione del giudizio, sulla base del disposto dell’art. 16bis, comma 9bis, dello stesso D.Lgs. (aggiunto dall’art. 52, comma 1, legge n. 114 del 2014, poi modificato dalla legge n. 132/2005, ma non sul punto): “Le copie informatiche..presenti nei fascicoli informatici o trasmessi in allegato alle comunicazioni telematiche dei procedimenti indicati nel presente articolo, equivalgono all’originale anche se prive della firma digitale dele cancelliere di attestazione di conformità all’originale“.
Sulla scorta di tale norma, secondo la Cassazione, “la produzione di detta copia trasmessa in allegato dalla cancelleria ragusana deve, quindi, di per sé reputarsi equivalente all’originale presente nel fascicolo informatico, tenuto conto che la comunicazione con cui è stata trasmessa reca tutti gli indici di individuazione della sua estrazione“.
E tale autenticità è da riconoscere anche in caso di attestazione di autenticità irrituale, svolta dal difensore. Poiché secondo la Suprema Corte, la “rilevata irrituale attestazione è del tutto priva di rilievo [poiché] “la copia trasmessa a mezzo PEC dalla cancelleria ragusana equivale all’originale e, dunque, può considerarsi una copia autentica“.
Da quanto sopra pare potersi dedurre che la dichiarazione di autentica da parte del difensore depositante non debba nemmeno apporsi. Volendo aderire a questa deduzione, suggerisco di depositare anche la prova dell’invio della PEC (il testo dell’email e dell’eventuale comunicazione allegata).
Con riferimento alla irritualità dell’attestazione di autenticità effettuata dall’avvocato, basta evidenziare che non c’è norma che avrebbe consentito al difensore di dichiarare la copia conforme a quella estratta dal fascicolo telematico, in quanto estratta non da lui ma dal cancelliere.
DNLEX – De Nisi Lawyers Network: COPIA AUTENTICA SENTENZA USO APPELLO