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La vicenda. Un cittadino italiano compra un immobile, con l’agevolazione fiscale riconosciuta per l’acquisto della “prima casa”, che richiede lo spostamento della residenza entro 18 mesi dall’acquisto nel Comune ove è ubicata la nuova abitazione.

Tuttavia l’aquirente, per l’inerzia della Pubblica Amministrazione (e non per colpa sua), non ottiene la nuova residenza entro i 18 mesi. Fa quindi una seconda domanda di trasferimento di residenza.
Lo Stato pretende, tuttavia, il pagamento dell’intero importo dell’IVA per l’acquisto dell’immobile, chiedendo la differenza a suo tempo non pagata in virtù dell’aquisto agevolato (diverse migliaia di euro).
La richiesta della Pubblica Amministrazione viene giustificata dalla tardività della seconda richiesta fatta dal cittadino, oltre i 18 mesi dall’acquisto. E considerata dalla Pubblica Amministrazione come revoca della prima.
E così insiste fino in Cassazione per ottenere il pagamento dell’Iva.
La Suprema Corte, tuttavia, con una sentenza esemplare rigetta la domanda dello Stato (Cass. 18684/15). Il principio di diritto è tanto semplice e lineare da lasciare stupiti quanto all’insistenza con cui l’Agenzia delle Entrate ha voluto arrivare fino in Cassazione: se il mancato trasferimento della residenza è da ricondurre all’inerzia della Pubblica Amministrazione (e non a rifiuto del trasferimento) non può essere negato all’acquirente il diritto a godere dello sgravio fiscale e nulla è da questi dovuto.
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CAMBIO DI RESIDENZA PER L’AGEVOLAZIONE FISCALE