Il 27 aprile 2015, in piena era telematica, la Cassazione statuisce la validità della sentenza  scritta a mano dal Tribunale di Santa Maria Capua a Vetere nel 2001 (Cass. 8481/2015).

La sentenza scritta a mano, anche non chiaramente leggibile a causa di una non semplice calligrafia, non è nulla. Né altrimenti invalida.

Secondo la Suprema Corte, infatti, il mancato rispetto della norma che impone al cancelliere del Giudice di trasformare la decisione in caratteri chiari e leggibili integra una semplice irregolarità, che non inficia il contenuto decisorio dell’atto e l’efficacia di esso.  Salvo che il testo autografo «non sia assolutamente inidoneo ad assolvere la sua funzione essenziale, consistente nell’esteriorizzazione del contenuto della decisione».

Nel caso deciso dalla Suprema Corte, nonostante la (riconosciuta) difficoltà di lettura, la sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua a Vetere,  provincia di Caserta, risultava comunque comprensibile a seguito di più approfondite letture, che consentivano di colmare anche il significato di alcuni segni calligrafici incomprensibili se di per sé presi.

A parte il principio di diritto, condivisibile, lascia comunque stupiti sapere che nel ventunesimo secolo vi siano ancora sentenze scritte a mano da giudici estensori e che vengono depositate e trasmesse alle parti senza previa trascrizione. A metà fra il sempre forte fascino delle tradizioni e delle arti antiche e lo stupore per la difficoltà di adeguarsi ad un mondo che ormai non consente pause di evoluzione.

Mi sia consentito dire, però, che le calligrafie di allora erano e sono uno spettacolo da leggere. Non sarebbero mai state incomprensibili. A questo punto, meglio adeguarsi.

Massimiliano DE NISI

DNLEX – De Nisi Lawyers Network