Il sequestro è un’attività che di per sé implica lo spossessamento di un bene da parte delle Autorità. Il Sequestro può essere preventivo, se volto a prevenire future attività illegittime e/o illecite tramite l’utilizzo del bene sequestrato o danni alla salute/incolumità pubblica, oppure per garantire prove per un momento futuro, oppure ancora per garantire l’adempimento delle obbligazioni di fare e/o di pagamento che possono sorgere all’esito di un giudizio.

Con riferimento al sequestro preventivo penale, disciplinato dall’art. 321 del relativo codice di procedura, esso viene disposto laddove si abbia una discreta certezza sulla configurabilità della fattispecie di reato rispetto alla quale viene chiesta la misura cautelativa del sequestro e sia sufficientemente provato il pericolo che dal proseguire dell’attività delittuosa possa derivare un danno ulteriore ed evitabile con la misura cautelare in esame (il cd. periculum in mora).

Di recente alla giurisprudenza di Cassazione è stato posto il dubbio di incompatibilità, insinuato dai difensori dei titolari dei siti web sequestrati, tra la natura del sequestro, che appunto presuppone lo spossessamento del bene per integrare gli effetti tipici della misura di tutela e l’applicazione dell’art. 321 cod. proc. pen., compiuto attraverso l’ordine diretto al titolare o al terzo provider di oscurare il sito e/o una pagina web. L’effetto dell’oscuramento è, sicuramente, quello della tutela preventiva: si impedisce, infatti, che il contenuto del sito e/o della pagina web che si assume di contenuto delittuoso possa continuare a produrre, in danno di terzi, l’effetto lesivo; manca, tuttavia, lo spossessamento.

Con sentenza n. 31022/2015 le Sezioni Unite della Cassazione penale hanno statuito che il sequestro preventivo ex art. 321 cod. proc. pen., può essere disposto anche imponendo al service provider fornitore dei servizi di attivarsi per rendere inaccessibile il sito o la singola pagina incriminata.

La sentenza in esame è importante, altresì, perché statuisce che una tale misura preventiva, tuttavia, non può colpire una testata giornalistica registrata, laddove il reato riguardi il reato di ‘diffamazione a mezzo stampa’, rispetto al quale l’Editore registrato gode della tutela costituzionale ex art. 21, comma 3, della Costituzione. Questa norma così recita: “si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili”.

Il reato di diffamazione a mezzo stampa non rientra fra quelli per cui la legge espressamente autorizza il sequestro (http://www.dnlex.com/notizie/diffamazione-a-mezzo-web-tra-tutela-di-chi-scrive-e-tutela-del-danneggiato/).

 

DNLEX – DE NISI LAWYERS NETWORK: SEQUESTRO SITO WEB

Avv. Massimiliano DE NISI